La crisi energetica attuale e possibili scenari

La crisi energetica non è una cosa nuova per chi è nato nel secolo scorso, l’abbiamo già vissuta nel 1973, 1979, 1982 e anche nel 2000. La crisi attuale, tuttavia, è diversa perché riguarda una questione globale che interessa tutti i Paesi del mondo: il cambiamento climatico.

Le cause scatenanti della nuova crisi energetica

L’attuale crisi energetica è multipla e complessa. Non esiste un’unica causa, ma piuttosto una combinazione di diversi fattori che sono confluiti in una situazione critica. La prima causa scatenante della crisi del 2022 è stata evidentemente la guerra in Ucraina e l’uso politico del gas da parte di Putin, che ha minacciato di interrompere le forniture.

La crisi in Ucraina ha dimostrato quanto sia fragile questa dipendenza europea dal gas russo e quanto facilmente possa essere interrotta da decisioni politiche.

Un’altra causa è il passaggio troppo lento alle energie rinnovabili, come l’eolico e il solare fotovoltaico, e allo stesso tempo la chiusura di molte centrali nucleari (Germania) senza aver sviluppato alcuna fonte o soluzione energetica alternativa, insomma, senza un piano B efficace ma basato solo sul gas russo che ora potrebbe non esserci più.

Se per le famiglie il microeolico può essere una soluzione e insieme al solare fotovoltaico è in grado di soddisfare il fabbisogno quotidiano, lo stesso non si può dire per l’industria. È necessario un piano energetico serio con un mix di nucleare sicuro e fonti rinnovabili.

L’ambientalismo esasperato di alcune organizzazioni e fazioni politiche porta a un immobilismo che non può più essere tollerato, non tanto per noi quanto per il futuro dei nostri figli. Comprendere queste ragioni è un prerequisito per individuare i correttivi necessari ed evitare ricadute nel prossimo futuro.

Questo immobilismo è stato catastrofico perché ha messo a rischio tutta la nostra civiltà che si basa sulla produzione di energia elettrica attraverso centrali termiche o idroelettriche (carbone, gas, petrolio) o nucleari.

Poi, c’è da dire un altra cosa, cioè che se non cambiamo le nostre abitudini energivore e inquinanti tutte le azioni messe in atto non serviranno a nulla. Dobbiamo migliorare nella gestione delle risorse, dobbiamo consumare meno, dobbiamo sprecare meno, bisogna iniziare dai piccoli gesti quitidiani, dallo spegnere le luci ad accendere la lavastovifglie solo a pieno carico, ma anche ad esempio a smettere di comprare l’acqua in bottiglia. Quella del sindaco (acquedotto) è sempre la migliore.

Crisi climatica, energetica, alimentare ed economica

La crisi climatica ed energetica, la crisi alimentare e la crisi economica sono tutte interconnesse ed è necessario intervenire con urgenza per evitare che peggiorino.

Il cambiamento climatico è ormai sotto gli occhi di tutti e probabilmente sta mettendo in moto un movimento che difficilmente riusciremo a fermare davvero, ma con azioni importanti e globali possiamo ritardarne ma soprattutto mitigarne gli effetti.

Scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, siccità in Europa intervallata da temporali di altissima intensità, temperature mediamente sempre più alte, scomparsa della neve dalle nostre montagne, ecc. ecc. L’intervento, però, deve essere serio, completo e con una comunanza di intenti, non vuote parole al vento come abbiamo sentito finora.
Obiettivi minimi raggiungibili, non chimere solo per far finta di voler fare qualcosa.

L’aggravarsi della crisi economica rischia di minare gli sforzi per prevenire pericolosi cambiamenti climatici, mentre aumentano i costi per affrontare il riscaldamento globale.

Secondo un rapporto del Tyndall Centre for Climate Change Research dell’Università dell’East Anglia (UEA) le due crisi sono intrecciate.
Secondo il rapporto, se i governi non riusciranno a trovare un accordo ambizioso al vertice di Copenaghen del mese prossimo sui cambiamenti climatici, faranno fatica a trovare un accordo su una risposta globale alla crisi economica.

La crisi economica ha portato con sé un crescente senso di fatalismo sul futuro”, ha dichiarato la professoressa Corinne Le Quéré del Tyndall Centre dell’UEA, coautrice del rapporto insieme alla dottoressa Sophie Marjanac. “Ma se vogliamo evitare un cambiamento climatico pericoloso, dobbiamo agire sia sul cambiamento climatico che sull’economia“.

La necessità di risposte immediate

La politica non è riuscita a fornire una visione per una transizione sostenibile, le proposte avanzate finora dalla comunità europea e a livello globale non sono sufficienti e all’altezza di questa sfida.
Un esempio? Finchè in Italia il dibattito si ferma di fronte ad una soluzione politica che per incentivare l’acquisto di mezzi a zero emissioni di CO2 propone il bonus per i monopattini, allora siamo messi male.
La soluzione per la mobilità è nei monopattini? Ma davvero?

L’idea dell’energia nucleare è sempre più messa in discussione dall’opinione pubblica. La crisi nucleare in corso in Giappone dall’11 marzo 2011 ha scosso il mondo intero, senza lasciare nessuno indifferente.

Il dibattito sull’energia nucleare come alternativa ai combustibili fossili è diventato più intenso e urgente che mai, ma ci sono molte altre domande che devono essere affrontate: che tipo di futuro vogliamo? Che tipo di mondo vogliamo?

La crisi attuale ha dimostrato che non abbiamo altre opzioni se non quelle presentate dai nostri leader che hanno scelto l’opzione nucleare, non solo in Europa ma a livello globale. Le idee proposte finora non solo dalla comunità europea ma a livello globale non sono sufficienti e all’altezza di questa sfida.

Il dibattito è ancora bloccato su nucleare sì o nucleare no, ci si ferma a guardare la tassonomia senza rendersi conto che la scelta è quasi obbligata.

Machiavelli diceva che ci sono azioni cattive che sono indispensabili per mantenere lo Stato e non deve nemmeno preoccuparsi dei giudizi negativi che queste gli porteranno. Forse è proprio questo che manca, un gruppo di leader che sappia decidere per il bene comune, che sia chiaro, che dia indicazioni nette basate sulla necessità dei fatti e non sul politicamente corretto. Il benefattore che deve sempre accontentare tutti non trova più posto.

Spetta alla politica fornire piani strategici seri ed efficaci in grado di garantire una transizione sostenibile. Se ciò non avverrà, saranno gli stessi politici a dover rispondere per quanto non fatto, ma potrebbe essere troppo tardi.